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.MELIBEOIo dico di quel biondo che tu dici,come nel corpo d ésca, sonno ed ocio,così grasso ne l anima di vici;di quel che di vil servo fatto socio 130aveasi Alfenio, e facea cosa rarosenza lui, di piacere o di negocio.Comperollo già Eraclide, e tal paroho di boi di più prezzo che non ebbecolui che gliel vendé, quantunque avaro; 135a cui di sua ricchezza non increbbe;e con publica invidia odi parlarne,ma  l fine arà ch a sua vita si debbe.Spero veder la sua putida carneLetteratura italiana Einaudi 141 Ludovico Ariosto - Le rimepascer i lupi, e l importuni augelli 140gracchiarli intorno, e scherno e stracio farne.TIRSICome si son così scoperti, s ellinon eran più? Perc han tardato farlo,s aveano ognora i comodi sì belli?MELIBEOFereo fu come il sorco o come il tarlo, 145che nascoso rodendo fa sentirseda chi non avea cura di trovarlo.Tacendo ne potea libero girse,ma  l timor ch egli avea d esser scopertofu tanto ch egli stesso andò a scoprirse; 150e rende a suoi seguaci or questo merto,che tratti gli ha come pecore al chiuso,e poi la notte al lupo ha l uscio aperto.Né meno ancor fu dal timor confusoquantunque volte per conchiuder venne 155con l opra quel ch avea il pensier conchiuso;onde sin qui tra ferro e tòsco indenneè giunto Alfenio, mercé quel vil coreche la man pronta sul ferir ritenne.Siamo adunque obrigati a quel timore 160che dal ferro difese e dal venenola nostra guardia e  l nostro almo pastore.Come è nostro pensier ch ora abbia fienoe stalla il gregge, ora salubri paschi,e quando fiume o canal d acqua pieno, 165così gli è cura sua che non si caschiin peste, in guerra, in carestia, che  l grandedel minor le fatiche non intaschi.Hai sentito ch alcun mai gli dimandecosa che iusta sia, che da sé vuoto 170o poco satisfatto lo rimande?Letteratura italiana Einaudi 142 Ludovico Ariosto - Le rimeTIRSIIo credo che già a quel chiedere a vòtopiù non si pò, né dal patre traligni,a cui fui, sua mercé, come a te noto.Lodando il figlio, Eraclide mi pigni, 175del quale io, sebben nato ed uso in boschi,trovai gli effetti in me tutti benigni.MELIBEOOltra che umano sia, vuo che  l conoschipel più dotato om che si trovi, e volvegli Ombri, gl insubri, li Piceni e Tóschi.180Che saggio e cauto sia, te ne risolvequesto, ch al varco abbia saputo accòrrequei ch aver sel credean sotto la polve.Chi sa meglio espedir, meglio disporrequel che conven? Non è intricato nodo 185che l alto ingegno suo non sappia sciorre.Qual forte  sbergo è del suo cor più sodo?a cui Fortuna far pò mille insulti,ma non che sia per sminuirne un chiodo.Vedi tu in altri costumi sì culti? 190Gli po tu in sì vil cosa esser cortese,ch amplissima mercé non ti risulti?Hai tu sentiti i ladri nel paese,di che prima solea dolerse ognuno,poscia ch egli di noi custodia prese? 195Mira che qui pò quel che pò nessuno,né però vuol conceder contra il iustocosa a sé che negata abbia ad alcuno.Io non ti lodarò l aspetto augusto,né quell altro che fuor vedi tu stesso, 200il corpo alle fatiche atto e robusto.TIRSIQuanto è miglior, tanto più grave eccesso,Letteratura italiana Einaudi 143 Ludovico Ariosto - Le rimee meritevol di maggior suppliciochi ha cercato occiderlo ha commesso.MELIBEOBen si pò dir che  l Ciel ne sia propicio: 205che non pur d un, di tre, di quattro ed otto,ma vetato abbia un gran publico essicio.Una tanta roina e sì di bottonon è quasi possibil che si spicchi,che molta turba non v accoglia sotto.210Prima ai nimici, e poi veniano a ricchi,fingendo novi falli e nòve leggi,perché si squarti l un, l altro s impicchi.Ch era di ciò cagion credo tu  l veggi:per non pagar del suo gli empi seguaci, 215ma de li solchi altrui, de li altrui greggi.Veduto aresti romper tregue e paci,surger d un foco un altro e di quel diece,anzi d ogni scintilla mille faci.Qual cosa non faria, qual già non fece 220un popular tumulto che si trovesciolto, ed a cui ciò ch appetisce lece?TIRSIQueste son strane e veramente nòvenuove che narri, e viemmene un ribrezzoche  l cor m aggiaccia e tutto mi commove.225Deh! se dovunque vai trovi aura e rezzo,che credi tu ch avria fatto la moglie,se  l caro Alfenio tolto era di mezzo?MELIBEOCome tortora in ramo senza foglie,che, poi ch è priva del fido consorte, 230sempre più cerca inasperar le doglie.Letteratura italiana Einaudi 144 Ludovico Ariosto - Le rimeTIRSISarebbe stato, appresso il caso fortedel iusto Alfenio, e quella orrenda e vastaruina che traea con la sua morte,gran duol veder che la sua donna casta, 235saggia, bella, cortese e pellegrina,in stato vedovil fusse rimasta.Io me trovai dove in dui rami inclinail destro corno Eridano e si doleche tanto ancor sia lungi alla marina.240Godease la lucertola già al sole,e pastorelli in le tepide riveivan cercando le prime vïole,quando in manere accortamente schivegiunse Licoria in mezo onesta schiera 245di bellissime donne, anzi pur dive;dove sposolla Alfenio, ove l altèra,pomposa e mai non più veduta festail padre celebrò, ch ancor vivo era.Io vidi tutte l altre, e vidi questa, 250or sole ad una ad una, e quando in coro,e quando in una e quando in altra vesta.Quale è il peltro all argento, il rame all oro,qual campestre papavero alla rosa,qual scialbo salce al sempre verde alloro, 255tale era ogn altra alla novella sposa;gli occhi di tutti in lei stavano intenti,per mirarla obliando ogn altra cosa.Quivi di Ausonia tutta i più eccellentipastori eran; quivi era il fior raccolto 260de le nostrali e de l estrane genti.Tutti la singular grazia del volto,le liggiadre fattezze, il bel simbiantee quel celeste andar laudavan molto.Ma chi noticia avea di lei più inante, 265estollea più l angelica beltadeLetteratura italiana Einaudi 145 Ludovico Ariosto - Le rimede l altissimo ingegno e l opre sante.Davano a lei quella inclita onestadeche giunta con beltà par che si stimeal nostro tempo ritrovarsi in rade.270Locava, fra le glorïose e primevirtuti d ella, il grande animo, soprail femenil contegno alto e sublime.Onde esce quella degna ed util opra,la qual non pur nei boni irraggia e splende, 275ma ne li iniqui par che  l vizio copra:parlo de la virtù che dona e spende,in che fulge ella sì che d ogn intornoi raggi vibra, e i prossimi n accende.Tant altre laude sue dette mi fòrno, 280che pria che ad una ad una fuor sian spinte,temo che tutto non ci basti un giorno.MELIBEOSon queste cose indarno a me depinte:ché, se per l altrui dir tu note l hai,io per esperïenza le ho distinte [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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