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.Oh, se i suoi figli avessero potuto vederla-come Sarah la vedeva in quel momento.un oggetto degno di pietà, una vecchia sciocca, maligna e-ridicola.D'impulso Sarah le si avvicinò.«Buongiorno, signora Boynton» le disse.«Vi auguro un ottimo viaggio.»La vecchia la fissò con espressione tra astiosa e offesa.«Voi avete voluto essere molto scortese con me» proseguì Sarah ("Ma che cosa diavolo mi spinge a-parlare così?" andava intanto chiedendosi."Sono pazza?").«Non avete permesso a vostra figlia, e avostro figlio, di fare amicizia con me.Non vi sembra molto meschino e puerile, tutto ciò? Vi divertite a far- -la parte dell'orco, ma, credetemi, riuscite solo a esser ridicola, e a farvi compatire.Se fossi in voi,-rinuncerei proprio a tutta questa inutile com-media.Immagino che mi odierete per quanto vi ho detto, macredetemi, è la verità, e spero che possa avere qualche effetto.E pensare che la vita potrebbe offrirviancora molte cose belle, se vi decideste a essere buona e amichevole.Dovete solo volerlo.»-Ci fu una pausa.La signora Boynton serbava un'assoluta immobilità.Finalmente passò la lingua sulle labbra e aprì la-bocca.Ma non ne uscì alcuna parola.«Avanti» la incoraggiò Sarah.«Dite quello che volete dire.Non m'importa quello che pensate di me.Ma non dimenticate ciò che vi ho detto.»Finalmente le parole uscirono, con una voce rauca, ma forte e penetrante.Gli occhi di basilisco dellavecchia si fissarono non su Sarah, ma, stranamente, su un punto dietro le sue spalle.Pareva che non si-rivolgesse alla ragazza, ma a qualche genio familiare.«Io non dimentico mai»lei disse.«Ricordatevene.Non ho mai dimenticato nulla.Né un atto, néun nome, né un volto.»Non c era niente di speciale in quelle parole, ma il modo velenoso in cui vennero pronunciate indusseSarah a indietreggiare d un passo.-Allora la signora Boynton rise, e fu una risata orribile.Sarah scrollò le spalle.«Poveretta!» disse.E si allontanò.Dirigendosi rapida verso l'ascensore si scontrò, quasi, con Raymond Boynton.Ancora una voltacedette all'impulso del momento, e gli disse, in fretta:«Addio.Spero vi divertirete.E chissà che un giorno non c'incontriamo ancora.»Poi gli sorrise, un caldo, amichevole sorriso, e proseguì rapida.Raymond rimase immobile, come impietrito.Certo era immerso in profondi pensieri, perché unometto con un gran paio di baffi che voleva uscire dall ascensore dovette dirgli parecchie volte: «Pardon.»Finalmente Ravmond udì, e si fece da parte.«Oh, scusate» disse.«Stavo.stavo pensando.»Carol gli si avvicinò di corsa.«Ravmond, torna su a prender Jinny, per favore.È tornata nella sua camera, ed è ora di partire.»-«Va bene, ci vado subito.»E Raymond Boynton rientrò in ascensore.Hercule Poirot si fermò per un momento e lo seguì con lo sguardo, la testa un po' china sopra unaspalla come se stesse ascoltando qualcosa.Finalmente fece un cenno d'assenso come se avesse risolto-un dubbio e, attraversando l'atrio, osservò attentamente Carol che aveva raggiunto sua madre.In quelmomento un cameriere gli passò accanto e lui lo chiamò:«Pardon.Potete dirmi per favore il nome di quelle due signore laggiù?»«Boynton, signore.Sono americane.»«Grazie.»Al terzo piano, mentre si avviava verso la sua camera, il dottor Gerard si imbatté in Raymond eGinevra Boynton, diretti verso l ascensore.Idue giovani stavano per entrarvi quando Ginevra disse: «Un momento, Raymond.Aspettamiall'ascensore.» Tornò di corsa sui propri passi, girò l'angolo del corridoio e raggiunse Gerard.-«Scusate.devo parlarvi.»Il dottore si girò con fare stupito, e la ragazza, fattaglisi vicina, lo prese per un braccio.«Mi stanno portando via.Forse mi uccideranno.Io non sono dei loro, sapete.Non mi chiamoBoynton.»Le parole le uscivano affrettate e confuse dalle labbra.«Vi voglio affidare il segreto.Io sono.sono un Altezza Reale.sono circondata da nemici.Cercano di avvelenarmi.e molte altre cose simili.Se poteste aiutarmi.a fuggire.»- -S interruppe udendo un rumore di passi.«Jinny!»Bellissima nel suo atteggiamento di atterrita sorpresa, la ragazza si portò un dito alle labbra, diede aGerard uno sguardo d'implorazione, e corse via.«Eccomi, Ray.»Il dottor Gerard continuò per la sua strada scrollando il capo con aria preoccupata e assorta.10Era la mattina della partenza per Petra.Sarah scese a pianterreno e trovò una donna imponente dall'aspetto autoritario e dal gran naso equinoalle prese con l'addetto dell'Agenzia Castle.«Assolutamente troppo piccola! Quattro passeggeri e una guida! Niente, niente! Ci vuole unamacchina molto più capace.Riportate indietro questa e ritornate con un mezzo più adeguato.»-Invano l addetto dell Agenzia cercava di farsi ascoltare, di spiegare che quello era il tipo di macchinasempre fornito, che era comodissima, che una macchina più grande non si prestava per viaggi nel deserto:il donnone, metaforicamente parlando, passava sopra di lui come una macchina schiacciasassi.- -Poi lei rivolse la sua attenzione a Sarah.«La signorina King? Io sono Lady Westholme.Certo sarete anche voi del parere che questa-macchina è di dimensioni assolutamente inadeguate, vero?»-«Ecco» rispose cautamente Sarah.«Ammetto che una macchina più grande sarebbe più comoda.»Il giovanotto di Castle mormorò che per una macchina più grande il prezzo sarebbe stato maggiore.«Il prezzo» disse Lady Westholme con fermezza «rimane quello fissato, e io rifiuto di accettare-qualsiasi aumento.Il vostro prospetto dice chiaramente: "una comoda macchina panoramica".Favorite-attenervi ai termini del vostro prospetto.»Riconoscendosi sconfitto, il giovane impiegato dell'Agenzia Castle si allontanò mormorando che-avrebbe visto di fare il possibile.Lady Westholme si volse a Sarah con un sorriso di trionfo sulla gran faccia coriacea, e il gran naso-equino dilatato per l esultanza.Lady Westholme era una figura notissima del mondo politico inglese.-Quando Lord Westholme, uomo di mezz'età e di spirito semplice, tutto dedito alla caccia e alla pesca,era tornato dal suo viaggio in America, aveva conosciuto, tra i passeggeri, una certa signora Vansittart.-Poco dopo la signora Vansittart era Lady Westholme
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